venerdì 27 novembre 2009

Decidere! Tra le parole della politica, una puntata di LogoPolis in più.

LogoPolis di oggi.
Buona lettura!

Decisione

Preparando bene la partita e conoscendo gli schemi delle squadre, le caratteristiche dei giocatori, si riesce quasi sempre a trovarsi nelle migliori condizioni per giudicare e decidere.
Pierluigi Collina, arbitro di calcio



Definizione:
sostantivo femminile
1. Scelta operativa, risoluzione, deliberazione: d. affrettata; rimettersi alle d. di qlcu. || con d., senza remore, con determinazione
2. sdir. Sentenza con cui si risolve una causa: d. del tribunale; anche, atto normativo della comunità europea


A guardare la partita sono in tanti, e sono attenti, lucidi, pronti a dire la propria. Perché, si sa, in Italia non ci sono solo navigatori, santi ed eroi. Ma ci sono arbitri in ogni casa ed in ogni coppia, così come ci sono grandi statisti in ogni bar e seduti la domenica a pranzo, tutti insieme, pronti a litigare per affermare la propria opinione.
Insomma, se ci sono due argomenti che tengono banco nelle sante mattine domenicali davanti ad una tavola imbandita con tortellini e paste fresche, quelle buone, quelle che ancora vanno a ruba nei giorni di festa, quegli argomenti sono appunto il calcio e la politica. E si discute di entrambi per la stessa ragione, è la stessa propensione che determina l’animosità dei capifamiglia: il desiderio di dimostrare la propria capacità strategica, il piacere di sostenere che si, nei casi difficili, si avrebbero le competenze per decidere. E per farlo bene, ovvio.
Nel calcio, infatti, come nella politica, la decisione è il frutto di una capacità umana da tutti amata e da tutti perseguita: la creatività. Saper decidere, infatti, non è solo fare la voce grossa, imporsi come solo leader che battono i pugni sul tavolo. È, questa, un’interpretazione al minimo. Saper decidere è saper guardare lontano, avere visione, immaginazione, dimostrare vitalità.
Chi decide si prende, così, la responsabilità di costruire il futuro.
Un sassofonista statunitense, Julian Cannonball Adderley, soffiando dentro il suo strumento e lasciandosi andare a ritmi e passi veloci e vellutati sosteneva che: “Senza passato non c'è futuro, e nessuno che non sappia bene da dov'è venuto il jazz ha il diritto di decidere dove debba andare.”.
Lo stesso vale per la decisione politica, che come il jazz è mescolanza, è gestalt, è costruzione e architettura, è arte. Decidere è mettere insieme gli elementi, e per farlo serve, infatti, la conoscenza del passato, utile ad insegnare e a ricordare il modo in cui le passioni umane si mescolano e reagiscono insieme, ed è amore per ciò che verrà. Così si prende una strada, così il dubbio, la confusione, il caos diventano un progetto: architettando insieme gli elementi e combattendo fino ad arrivare alla meta, fino a realizzare lo scopo della decisione.
Chi decide, quindi, ha la prontezza dell’arbitro, la fantasia del musicista, l’abilità del politico. Ma ancora non basta. Chi decide deve avere il carisma del condottiero, la capacità di diffondere entusiasmo e di creare passione. Perché alla decisione tutti poi devono contribuire, nella decisione tutti devono essere coinvolti: la politica è una passione comune altrimenti, e semplicemente, non è.
Spesso, troppo spesso, decidere è stato considerato un processo: l’iter decisionale, il percorso, quando non il tavolo, della mediazione. È cos’, senza dubbio, ma solo in parte, perché questa interpretazione porta con sé alcuni rischi. Se, infatti, la decisione è un processo allora l’aspetto centrale è quello della mediazione, e mediare significa anche perdere pezzi, rinunciare ad aspetti della propria proposta, trattare, cedere. È politica, va bene, ma è anche il rischio della politica a metà, che sceglie in modo parziale, talvolta correntista, minimale e un po’ svilente. La decisione può, e qualche volta deve, essere valutata come un risultato: se non viene conseguito c’è fallimento. Decidere non deve essere, cioè, solo mediare ed arrivare a proposte stiracchiate e poco capaci di incidere sulla realtà. Decidere deve essere anche, soprattutto, difendere un’idea, una proposta, ed avere l’abilità di promuoverla: se si crede in qualcosa bisogna faro fino in fondo e prendersi la responsabilità di tirare fuori il cartellino giallo, di suonare su un palco, di dare una direzione ad un Paese.
La politica che decide, e che sa ascoltare, comprendere e metter insieme i pezzi all’inizio di un percorso, per poi disegnare il futuro come in una orchestra di Capodanno, è l’arte del possibile. È il cuore della natura umana, è il senso stesso della comunità, è il fine ultimo delle cose.
La politica può essere bellissima. Basta crederci, e decidere.

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